C'è una voce che racconta, ma all'inizio non sappiamo chi sia. Sappiamo solo che è stata strappata alla libertà, separata dalla sua famiglia, e condotta in un luogo che gli umani chiamano "centro". Un luogo fatto di muri freddi, regole incomprensibili e attese che sembrano non finire mai. Da quel momento inizia un viaggio fatto di solitudine, tentativi di fuga, ferite invisibili. Ma anche di incontri inattesi, di gesti gentili, di sguardi che lentamente imparano a fidarsi. "Un viaggio chiamato Dharma" è il racconto di un essere vivente non umano - eppure profondamente capace di sentire, di ricordare, di scegliere - che attraversa un mondo costruito senza di lui. Una storia che sembra un memoir ma che scivola con naturalezza nella riflessione esistenziale e sociale: sulla cattività, sull'identità, sulla possibilità del riscatto. Pagina dopo pagina, il lettore viene invitato a mettere in discussione il proprio sguardo: a interrogarsi su cosa significhi essere liberi, su cosa voglia dire appartenere, su chi abbia davvero il diritto di decidere per un altro. È un racconto scritto con delicatezza ma anche con crudezza, con poesia ma senza concessioni. Una voce narrante che ci accompagna lungo un percorso di perdita, di resistenza e, forse, di rinascita. Solo alla fine scopriremo chi ha parlato per tutto il tempo. E, in quel momento, qualcosa si sposterà dentro di noi. Perché questo libro, più che raccontato, è vissuto. E chi lo legge difficilmente ne uscirà uguale a prima.